L’acqua è vita e per la Società Speleologica Italiana (SSI) e gli speleologi italiani, conoscere e proteggere l’acqua delle nostre grotte significa comprendere e difendere la vita che essa contiene.
Per il 2023 si è deciso di far conoscere meglio il mondo dei crostacei acquatici del genere Niphargus: si tratta di un genere di piccoli crostacei che vivono prevalentemente in grotte, sorgenti e nelle falde acquifere, simili nell’’aspetto a piccoli "gamberetti" e quindi facilmente riconoscibili. Sono specie ben note agli speleologi, tanto è vero che almeno due gruppi grotte italiani sono intitolati ad essi: il Gruppo Grotte Roma "Niphargus" e il Gruppo Speleologico Naturalistico Niphargus ed altri ve ne sono all’estero (tra questi il più noto il Grupo Espeleológico Niphargus di Burgos, Spagna).
In Italia, la SSI ha scelto come "Animale di Grotta dell’Anno 2023" il genere di crostacei Niphargus. Questo genere è ampiamente diffuso con oltre 425 specie in Europa, dalla Penisola Iberica fino alla Gran Bretagna a Nord e raggiunge a oriente i massicci montuosi dell’’Iran. In Italia vi sono oltre un centinaio di specie note o in corso di descrizione e la nostra penisola è, insieme all’’area balcanica, uno dei centri di maggiore biodiversità per questo genere.
Molte delle specie di Niphargus sono endemiche, cioè ad areale ristretto; sebbene alcune specie possano essere diffuse in vaste aree che hanno subito l’’effetto delle glaciazioni quaternarie (come lungo l’’arco alpino), in genere esse sono esclusive di singoli acquiferi e massicci carsici, o addirittura sono note di una sola grotta. L’individuazione del genere Niphargus come "Animale di Grotta dell’Anno 2023" è estremamente importante per porre attenzione sulla conservazione della vita nelle acque sotterrane e nelle grotte, legata alla gestione sostenibile degli ecosistemi urbani, agricoli e forestali che sono strettamente interconnessi con gli acquiferi carsici.
Nome scientifico | Niphargus Schiödte, 1849 |
Nome comune | Niphargi, "gamberetti di grotta" |
Ordine - Famiglia | Amphipoda - Niphargidae |
Status IUCN globale | Numerose specie hanno status di Vulnerabile (VU), 1 presente in Italia (N. timavi) |
Status IUCN nazionale | Non ancora valutato; presumibilmente da Vulnerabile (VU) a Minacciata (EN) |
Tutela legale | Protette da normative regionali e Aree Protette nell’’ambito dei divieti di raccolta della fauna cavernicola; protetto come componente dell’’Habitat 8310 (Grotte non ancora sfruttate a livello turistico, Direttiva Habitat) |
Gli anfipodi del genere Niphargus possono avere dimensioni da 3 a oltre 40 mm (quindi specie diverse differiscono tra loro come un topolino da un rinoceronte), mostrando una incredibile radiazione adattativa. Questa ha consentito a tali crostacei di colonizzare tutte le acque sotterranee, dalle piccole vaschette di stillicidio ai minuti spazi tra i granelli di ghiaia nei terreni alluvionali, fino ai sifoni e alle falde più profonde. Pochissime specie sono ritornate a colonizzare corsi d’acqua di superficie (Niphargus elegans, per esempio, è comune nelle rogge di risorgiva della Pianura Padano-Veneta); sono eventi non infrequenti nel corso dell’’evoluzione (basti pensare al ritorno di alcuni mammiferi al mare).
Le acque sotterranee sono state a lungo considerate un ambiente speciale e sfavorevole, dove poche specie altamente specializzate si rifugiavano, prigioniere del loro habitat. Questi organismi, che vivono obbligatoriamente nelle acque sotterranee, sono chiamati "stigobi" (dal mitico Stige, il fiume che nella mitologia greca antica costituisce il confine tra la Terra e gli Inferi, o uno dei fiumi e paludi infernali dell’Inferno dantesco). Si tratta di animali ciechi, depigmentati, spesso con particolari organi di senso sviluppati per vivere nel buio; il loro aspetto insolito ha attirato l’’attenzione di biologi, speleologi, naturalisti dilettanti o semplici osservatori. La prima citazione di un animale cavernicolo sotterraneo è riportata in un antico libro chiamato "Descrittione di Tutta Italia" del 1588 dove l’autore, il frate Leandro Alberti, riporta una lettera, datata 5 marzo 1584 e scritta da Gian Giacomo Trissino da Vicenza, in cui alcuni... "minuscoli gamberetti simili a quelli marini che si vendono a Venezia" erano stati osservati nelle acque sotterranee del "Covale di Costozza" (cioè una nota cava di calcare sui Colli Berici, Vicenza). Ora si sa che quella specie è Niphargus costozzae (descritto da Schellenberg nel 1935). Date le sue dimensioni (arriva ai quattro cm di lunghezza) e la sua abbondanza nelle grotte dei Berici, non sorprende che questo sia stato il primo niphargide osservato. Ciò che non tutti sanno è che si tratta della prima osservazione di una specie per le acque sotterranee, che precede di un secolo quella del famoso proteo, il "piccolo drago" osservato nelle sorgenti della Carniola (Slovenia).
Oggi è noto che, contrariamente alla visione tradizionale, le acque sotterranee hanno una inaspettata ricchezza di specie, concentrate in particolar modo in Italia e nei vicini Balcani. Le specie descritte per il solo genere Niphargus ammontano ad oltre 425 ed ogni anno numerose altre vengono scoperte, in particolare grazie ai progressi della biologia molecolare: questa è dunque solo la ‘"punta ’’dell’iceberg". Nonostante la loro importanza, le acque sotterranee sono però tra gli ecosistemi meno esplorati, anche perché il campionamento è logisticamente impegnativo, soprattutto per le falde profonde.
Sebbene la Convenzione di Rio sulla diversità biologica (1992) abbia richiamato l’’attenzione sulla graduale e inarrestabile perdita di biodiversità, quella degli organismi "stigobi" è stata ampiamente ignorata. Eppure, le acque sotterranee e soprattutto quelle delle grotte ospitano un numero sorprendente di specie ‘relitte’. Le comunità delle acque sotterranee e del loro genere più ricco (Niphargus) sono quindi tra i patrimoni più preziosi della Terra. Esse forniscono prove di eventi remoti, come la deriva dei continenti, la crisi di salinità del Mediterraneo, le regressioni e le trasgressioni marine che si sono verificate nel corso delle ere geologiche e le estese glaciazioni del Quaternario. Ognuno di questi eventi ha lasciato tracce biologiche che, studiando proprio i piccoli Niphargus, la biologia molecolare tenta oggi di svelare.
Ma dove si sono originati i piccoli Niphargus? Disponiamo purtroppo di una quantità limitata di documenti fossili provenienti dall’ambra baltica (tardo Eocene, 30-50 milioni di anni fa). Queste specie fossili abitavano acque superficiali e sono molto simili a quelle che vivono oggi in grotte e sorgenti. I siti di Niphargus dell’ambra del Baltico sono situati molto a Nord della attuale area di distribuzione del genere, ben oltre i limiti delle glaciazioni quaternarie, in relazione al fatto che il Terziario medio era molto più caldo di oggi. Un recente articolo che tratta della scoperta di un’antica fauna di Niphargus endemica della Gran Bretagna e dell’Irlanda ha rivelato un insolito modello biogeografico, ipotizzando che il genere si sia originato nell’Europa nord-occidentale circa 90 milioni di anni fa e abbia subito una graduale espansione dell’areale circa 25 milioni di anni fa. Altri recenti studi in corso mostrano come il progenitore del genere sia un antenato marino, oggi scomparso, mentre tutte le specie che conosciamo si siano originate da quest’unico progenitore esclusivamente nelle acque dolci.
Con oltre 425 specie descritte, il genere Niphargus (unico rappresentante della famiglia Niphargidae) è il genere di anfipodi più ricco di specie al mondo. I Niphargidae sono una famiglia di crostacei dell’ordine Amphipoda (appartenente alla classe Malacostraca). La prima specie di niphargidi a essere descritta è stata Niphargus puteanus (Koch, 1836) dalla Germania (come Gammarus puteanus), seguita da Niphargus stygius (Schiödte, 1847) dalle famose grotte di Postumia in Slovenia (sempre come membro del genere Gammarus). Il genere fu descritto due anni dopo (1849) dallo stesso Schiödte, che, vedendo questi organismi bianchi e splendenti sotto al microscopio, lo chiamò Niphargus, termine che deriva dal greco e che significa “splendente come la neve”. La specie tipica del genere è dunque Niphargus stygius, che è presente anche in Italia nord-orientale (Carso triestino e isontino).
L’area di distribuzione del genere Niphargus comprende la maggior parte dell’Europa, principalmente - ma non esclusivamente - a Sud del limite della calotta glaciale del Pleistocene. Poche specie sono note in Turchia, Israele, Libano, Iraq e Iran, paesi sicuramente poco studiati (con eccezione delle recenti ricerche in Iran), che possono riservare grandi sorprese. il genere è assente in Nordafrica, dove è sostituito da anfipodi di aspetto molto simile (chiamati appunto Pseudoniphargus), ma appartenenti ad un’altra famiglia (Pseudoniphargidae) e di diretta origine marina.
Il genere Niphargus è presente dovunque in Italia nelle acque dolci sotterranee, dal livello del mare ad oltre 2000 metri di quota in una grotta delle Dolomiti. Fanno eccezione alcune aree particolari, dove, nonostante le intense ricerche, non è stato sinora trovato: la Sardegna sud-occidentale (Sulcis-Iglesiente), la Sicilia orientale (dove, come in Africa, è sostituito dal genere Pseudoniphargus) e parte della Penisola Salentina (dove, tuttavia, le acque freatiche sono anchialine, cioè leggermente salmastre).
Il genere Niphargus è molto diversificato, vivendo prevalentemente negli ambienti cavernicoli e interstiziali, ed è frequente nelle sorgenti (anche non carsiche) soprattutto dopo forti piogge. Ma le grotte sono senz’altro l’habitat di maggior interesse; li troviamo nelle vaschette di stillicidio e piccole pozze a fondo fangoso, dove possono sopravvivere ai momenti di siccità rifugiandosi in piccole cellette sature d’acqua nell’argilla. Le piccole specie vivono nelle micro-fessure inaccessibili del calcare e le vaschette sono solo i loro habitat secondari. Alcune specie di maggiori dimensioni hanno antenne e zampe allungate e vivono esclusivamente in sifoni e laghetti della zona satura dell’acquifero carsico, dove nuotano liberamente. Basti pensare al famoso Niphargus cornicolanus, presente al Pozzo del Merro in Lazio (che con i suoi 392 m di profondità sotto il pelo dell’acqua è tra i più profondi sinkhole al mondo), dove è stato trovato sino ad oltre 100 m di profondità.
Gli anfipodi del genere Niphargus ricoprono un ruolo ecologico molto importante nelle grotte e nelle acque sotterranee; la loro alimentazione è sostanzialmente onnivora, trattandosi di “spazzini” che si nutrono di sostanza organica in decomposizione; la dieta può essere saprofaga, nutrendosi di organismi di altre specie (acquatici o caduti nell’acqua), e che possono essere attivamente predate dalle specie più grosse, e di patine fungine e detriti organici, fino al micro-detrito organico per le specie di piccole dimensioni. Si tratta dunque di un importante anello della catena alimentare per il riciclo della sostanza organica.
A seconda delle specie, i niphargidi possono essere indicatori di acque pulite oppure essere molto resistenti all’inquinamento organico; numerosi sono gli studi di ecotossicologia e fisiologia che li riguardano. In genere una comunità a Niphargus ricca e diversificata è presente in acque pulite, mentre nelle acque inquinate prevale in genere una sola specie tollerante, o l’intero genere scompare.
Infine, una ulteriore recente applicazione di questi organismi è il loro uso come “traccianti biologici” per confermare la compartimentazione o la continuità degli acquiferi. Recenti metodi di biologia molecolare permettono di utilizzare queste specie come traccianti in particolare nei sistemi carsici, affiancandosi ai tradizionali traccianti chimici o isotopici.
Essendo molto diversificati e ampiamente diffusi, poco si sa dello stato di conservazione delle popolazioni delle singole specie in Italia. Nessuna seria valutazione è stata fatta, al contrario della Germania dove è in corso di compilazione la Lista Rossa nazionale. Tuttavia, l’elevato grado di endemismo (alcune specie sono note solo in una o in poche grotte) può far ritenere molte specie vulnerabili (VU); alcune di queste, presenti in aree ad elevata pressione antropica, potrebbero essere già minacciate (EN), ma ulteriori ricerche sono necessarie per una più completa valutazione.
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Testo a cura di: Fabio Stoch
Foto: Enrico Lana e F.Gasparo
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